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Sistemi di rating, algoritmi per il calcolo della PD, intelligenza artificiale e in generale gli strumenti automatici di valutazione del merito di credito ormai fanno parte di tutti i modelli di valutazione del rischio aziendale e competono con la capacità dell’essere umano di decidere ed interpretare.

Dei sistemi intelligenti, che per alcuni farebbero addirittura meglio dell’essere umano, ormai non può più farsene a meno, tenuto conto della necessità degli operatori di gestire grandi volumi in poco tempo e di standardizzare i criteri di valutazione.

Tutti concordano sulla necessità di disporre di strumenti a supporto dei processi decisionali e di “collettori” di informazioni in grado di organizzare e sintetizzare grandi quantità di dati; non tutti concordano invece sulle modalità di utilizzo delle informazione e sul processo logico-organizzativo che deve condurre alla valutazione del rischio.

Da un lato i modelli cosiddetti Algoritmo-centrici, all’estremo opposto i modelli che vedono nel ruolo del Credit Manager il punto di forza del modello di valutazione

Qualunque sia il punto di vista, tutti concordano che i modelli adottati fino ad ora non hanno dimostrato di essere infallibili; se i sistemi di rating fino ad ora adottati lo fossero stati, non si sarebbe assistito alla crescita degli NPL registrata negli ultimi anni.

Il buon senso dovrebbe condurre verso una mediazione, ovvero verso un approccio basato sia sull’utilizzo di sistemi di valutazione automatica che sulla capacità e soprattutto sulle competenze delle persone.

Ma qual’è l’orientamento del sistema bancario?

Un buon benchmark viene offerto proprio da Banca d’Italia che con il suo sistema ICAS (In-house Credit Assessment System, utilizzato da altri sette paesi europei) afferma il principio secondo il quale “conformemente a quanto stabilito dall’Eurosistema in materia di sistemi di valutazione del merito di credito, la valutazione si debba basare su una componente statistica (ICAS Stat) e su un successivo stadio di valutazione quali-quantitativa a cura di analisti finanziari (Expert System).

Oltre a quello di Banca d’Italia, un altro esempio viene proprio dal mondo finanziario ed in particolare da General Finance, una delle principali società di Factoring il cui modello di valutazione è ben descritto nel webinar dal Responsabile Fidi e Organizzazione Alessandro Ferrari
Dall’intervista emergono alcuni aspetti interessanti

  • I sistemi di rating portano, per gli stessi soggetti o gruppi di imprese, a risultati diversi, talvolta discordanti. (vedi confronto tra Score di Bilancio Leanus, Cerved, Euler)
  • Il rischio non è un principio assoluto ma relativo, ovvero dipende dal soggetto che valuta la controparte; da ciò ne deriva che ciascun soggetto ha la necessità di affinare il proprio modello di valutazione.
  • Benchè alcuni elementi non possono essere trascurati ai fini dell’identificazione dei segnali di crisi, è estremamente complesso identificare un set di parametri in grado di anticipare la situazione aziendale con largo anticipo. Solo per fare un esempio, come pubblicato su Milano Finanza il 24 febbraio nell’articolo dal titolo “Sulle tracce dello stress”, solo 42 delle 15.000 (Ricavi maggiori di un milione di Euro) che avevano Patrimonio Netto negativo nel 2015, sono ad oggi andate in default; meno di 3 ogni mille. Ne deriva che anche il semplice utilizzo dei parametri che indiscutibilmente indicano un potenziale stato di crisi, può portare ad escludere soggetti, che pur presentando un profilo contabile fortemente compromesso, hanno messo in campo piani, risorse e strategie in grado di tornare in equilibrio. Viceversa l’utilizzo di altri indicatori, anche se sofisticati, non necessariamente consente di anticipare un default.

In estrema sintesi si potrebbe concludere che l’attività di valutazione dI affidabilità non può prescindere dall’accettazione di un determinato livello di errore e quindi di perdite ad esso associate; l’utilizzo eccessivo della tecnologia ad oggi ha dimostrato di non essere sufficiente (vedi andamento NPL e in generale l’effettiva capacità del sistema di adeguare l’erogazione del credito e i relativi prezzi all’effettivo profilo di rischio aziendale); nel frattempo, forse per le eccessive aspettative verso i sistemi automatici, si è persa l’occasione di investire quanto necessario sulle competenze continuando a formare adeguatamente i credit manager del futuro.

Un ultima nota. Che piaccia o no, per i grandi gruppi bancari dotati di sistema di rating interno, la BCE utilizza il rating e relativa PD come unico metro di valutazione dei collaterali nelle operazioni di politica monetaria. Cosa vuol dire? Vuol dire che una banca che ha bisogno di liquidità può mettere a garanzia il proprio portafoglio di impieghi, purchè i rating dei soggetti affidati non sia inferiore a una determinata soglia. Su tale base la BCE fornisce la necessaria liquidità. Le banche non dotate di sistema di rating interno interagiscono invece con Banca d’Italia ed in particolare con il gruppo ICAS che, contrariamente a BCE, affianca al sistema di rating l’expert system, ovvero il giudizio di un team di esperti che può modificare il giudizio automatico. Due modelli alternativi che convivono all’interno dello stesso sistema.

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